Ho avuto un simpatico incontro con un cameriere in un ristorante mentre ero a cena l’altra sera. Dall’incontro è nato un insegnamento molto importante che mi ha fatto riflettere e che ora voglio condividere.
C’erano poche persone e chiacchierando con il cameriere è uscita una sua confessione: vuole diventare assistente di volo e tenterà di affrontare le selezioni questo inverno.
Mi sono complimentato con lui e gli ho chiesto se avesse già fatto il corso per assistente di volo.
Ha risposto che lui ha intenzione di diventare steward, non pilota. Come per dire che non c’è alcun corso da fare. In fondo, avrebbe fatto lo stesso lavoro, ma a 36.000 piedi.
Ho dovuto raccontare la verità a quel giovane ragazzo facendogli capire il mio interesse per l’aviazione e spiegandogli che tutti gli assistenti di volo devono seguire un corso e che spesso se lo devono pagare!
La verità fa male e lui, sorpreso da questa informazione che gli giungeva nuova, ha subito rinunciato al suo sogno.
“Ma no dai! Mi hai ucciso ogni speranza…”
Io? Forse. In fondo la realtà è questa, ma la cosa che mi ha fatto riflettere è come un ragazzo di 21 anni riesca a cambiare idea in pochi secondi solo perchè ha scoperto che deve fare fatica e pagare per realizzare il proprio futuro.
Probabilmente la motivazione per diventare assistente di volo non è così forti in quel ragazzo. Credo che deciderà di fare altro nella vita, e forse è meglio così per lui.
Ma la mia riflessione, al di là di questo caso specifico, riguarda proprio la generazione che sta crescendo oggi, composta da piloti e assistenti di volo del futuro.
Mollare prima ancora di provare
Vedo che oggi molti ventenni vogliono fare qualcosa di grande, ma nel momento in cui devono mettersi in gioco desistono subito, come quel cameriere.
Sappiamo bene che diventare pilota o assistente di volo non è semplice ed è molto costoso. Le compagnie aeree sanno bene che devono scegliere le persone più motivate, pertanto sono molto severi alle selezioni.
A questo punto bisogna capire se i ragazzi di oggi devono adattarsi e cambiare attitudine o se sono le aziende che devono cambiare approccio nella selezione del personale.
Se le compagnie aeree continueranno a scartare persone alle selezioni, avranno grosse difficoltà nel rispondere alle esigenze di mercato.
Esiste, però, anche l’altra faccia della medaglia. Se da un lato devono rinunciare a persone poco motivate e poco preparate per garantire sicurezza e qualità in aviazione, dall’altra devono anche riempire le cabine con personale disposto ad accettare stipendi sempre più bassi e turni di lavoro sempre più pesanti.
Come uscirne?
La risposta ci viene data dalla storia dell’aviazione. Ogni crisi ha portato a nuovi cambiamenti e quelli più importanti hanno apportato delle modifiche sostanziali alla cultura.
Che si parli di cultura in azienda, cultura nella cabina di pilotaggio o di quella nazionale, una crisi modifica il modo di fare, vedere e pensare delle persone.
Basti vedere come l’ultima crisi del coronavirus abbia apportato grossissime modifiche nel mondo del lavoro. Tutte le aziende sono state obbligate a permettere ai propri dipendenti di lavorare da casa con lo smartworking e si sta valutando di mantenere questo metodo di lavoro perchè le persone producono di più e le aziende hanno minori costi.
A questo punto, mi chiedo se anche l’aviazione dovrà subire un ennesimo cambiamento culturale a livello mondiale. Se fosse così allora non ci dovremmo stupire troppo se un ragazzo di 21 anni cambia idea in pochi secondi.
Gestire le nuove generazioni
Questa generazione funziona così, sono le aziende a doversi adattare per tirare fuori il meglio da loro.
Come farlo?
- Guidare i ragazzi affiancandogli dei mentori (piloti o assistenti di volo con esperienza)
- Comprendere che la loro mente viaggia molto più velocemente delle generazioni precedenti
- Valorizzare il multitasking affidando loro maggiori responsabilità
- Avere dei sistemi di supervisione e valutazione della performance precisi e mirati a rendere le persone efficienti e non per eliminarli quando scendono sotto il punteggio minimo
- Creare un sistema di ricompense che li motivi a voler crescere per ottenere qualcosa
Perché propongo queste soluzioni?
Semplice. Perché oggigiorno i ragazzi sono abituati ad avere tutto e subito. Il loro livello di attenzione si è abbassato enormemente e non fanno nulla se non ottengono qualcosa.
Inoltre, sono talmente abituati a prestare attenzione a molte cose contemporaneamente che, oltre che essere incapaci di focalizzarsi su una sola cosa per più di 40 secondi, vogliono poter controllare tutto quello che li circonda nello stesso momento, ma questo chiaramente non è possibile.
A questo punto la soluzione è affiancare dei mentori che supervisionino il loro lavoro e che li spronino a fare di più e sempre meglio.
Purtroppo, le nuove generazioni saranno in grado di monitorare contemporaneamente 3/4 schermi in cabina. Saranno in grado di utilizzare sistemi sempre più complessi, ma non nel momento in cui le cose si metteranno male.
Faranno esattamente come quel cameriere: decideranno di mollare, perchè è più facile, perché le situazioni difficili o pericolose sfuggono al loro controllo.
E a questa demotivazione e mancanza di adattamento non c’è molto da fare se non dare loro degli incentivi che li motivi a fare quello che altre generazioni hanno fatto in maniera naturale imitando genitori e professionisti di generazioni precedenti.
Tu a quale generazione appartieni?
E’ facile puntare il dito sui giovani, ma io, che ho 66 anni e ho sempre avuto una grandissima passione per gli aerei, non ho mai potuto realizzare il sogno neppure di diventare pilota privato, perché quando avevo vent’anni il brevetto costava 15 milioni di lire, la scuola Aeritalia ne costava 30 e in Accademia non ci potevo andare perché a militare mi riformarono in quanto ero troppo magro…! Quindi? Sogno infranto. Se non hai i quattrini non puoi fare nulla, oppure devi avere una gran fortuna e trovarti nel posto giusto, al momento giusto ed essere la persona giusta…
Si,hai proprio ragione Daniele.le nuove generazioni non hanno capito che per far bene le cose,e prima ancora imparare a fare costa impegno,fatica e non ultimo denaro e tempo! Io ho 63 anni e ho avuto la fortuna di aver avuto dei professori all’I.T.I non molto teneri.ma tra la materia “aggiustaggio”ed “educazione civica”alle medie,e poi appunto il resto,mi è stato “inculcato”in testa l’arte di far bene le cose,e che si può sempre migliorare,il cosidetto “bignamare” dal prof .Bignami .quindi mi sento di criticare fortemente la scuola in generale che ha soppresso queste materie,magari per favorire l’ora di religione.e non mi dilungo.quindi l’imprinting nella giovane età non viene instillato.sei d’accordo?mia figlia ha frequentato un I.T.I a Sassari e non ha mai usurfruito di 1 ora di laboratorio in 3 anni .e il loro laboratorio aveva macchine da sogno!ferme e mai usate,con professori che non sapevano usarle!!!!!!l’ho constatato di persona parlando con gli interessati,che a loro volta avevano subito queste “””sevizie””””.ho detto tutto mi pare.si dovrebbe intervenire,ma con chi?con “politici”che non capiscono una mazza(scusate la parola,ma è il termine più appropriato)e tagliano continuamente i fondi alle scuole etc,etc,abbiamo visto,no?di qualsiasi colore siano,sanno solo tagliare.diventeremo così degli ignoranti più di quel che siamo.amen.scusate il dilungamento protratto.buona fortuna a questi ragazzi.Flavio
Ciao Flavio. La mia non voleva essere una critica nei confronti dei ragazzi di oggi. Sicuramente quando tu avevi la loro età, quelli di due tre generazioni prima della tua ti vedevano molto diversi da loro. Volevo solo puntualizzare il fatto che tante volte mollare prima di provare costa più caro che tentare sapendo che esiste la possibilità di fallire. Un saluto! 🙂
D’accordo,perfetta immagine della diffusa demotivazione per ciò che richiede una costante determinazione. Chi la scopre dentro di se’avrà meno concorrenza come in tutte le professioni .
Volevo fare il pilota ma il fisico non era adatto a passare il filtro medico. Ebbene, medico, ho volato su tutto,,militare e civile come fotografo d’aviazione. Ricordo tanto,tutto e non è finita.
.Tutti i piloti da caccia che ho conosciuto erano
determinati,preparati, e con notevoli doti morali .
C’è tutto nel volo ed è proprio vero che decollare è una scelta e atterrare una necessità.
Arrivate in fondo ragazzi!
Hai perfettamente ragione .. il mio sogno quando avevo 20 anni era quello di diventare pilota, mi affascina vano e mi affascinano ancora oggi gli aerei,…io quando sono in volo sono felice è come se fossi in un altro mondo, come passeggero avrò al mio attivo circa 2000 ore di volo.
Purtroppo per un difetto fisico (miopia)i miei sogni sono stati cancellati…ma la passione no questa sempre esiste….
Magari prova ad andare in qualche scuola di volo o aero club per volare in cabina e prendere i comandi assieme ad un istruttore! 🙂 Magari hai già fatto questa esperienza, ma secondo me, anche se non si è piloti e si ha la passione, trovare l’occasione per volare in cabina regala forti emozioni.